Insurtech. Prima Assicurazioni is looking for 260 professionals to compete with tech giants: 300 developers work on algorithms and software in the research center
Published by Il Sole 24 Ore in Italian.
Sviluppatori, engineering manager, site reliability engineers, machine learning engineers e data scientists. Che li cerchi una tech company, è ordinaria amministrazione, ma che li cerchi una compagnia assicurativa, soprattutto se sono 260 - quasi un terzo dei suoi lavoratori - e la maggior parte sono destinati a un hub di ricerca e sviluppo, fa sorgere la domanda: è una tech o una insurance company? Prima Assicurazioni, come ci racconta il suo ceo, George Ottathycal, è un po' tutte e due: «La nostra è una compagnia nativa digitale, nata nel 2013 e attiva dal 2015. La sua struttura, agile nelle dimensioni e nell'organizzazione del lavoro è decisamente più simile a quella di una tech company. Quello che ci distingue è l'approccio analitico che permette la semplificazione di tutta la parte operations, a vantaggio del cliente finale in termini di esperienza e di abbattimento dei costi. Il business, però, è quello assicurativo, dove abbiamo rivoluzionato il rapporto tra cliente e assicurazione grazie a tecnologia e digitale. Come agenzia assicurativa siamo specializzati in polizze auto, moto, furgoni, casa, famiglia e infortuni». A contraddistinguere Prima, però, è anche l'applicazione del contratto collettivo nazionale del commercio e il modello che prevede la distribuzione delle polizze di alcune compagnie riassicurative internazionali sia online, attraverso il proprio sito web, sia attraverso broker e agenti.
La talent base, il gruppo iniziale di talenti che ha contribuito allo sviluppo della società, è costituita da profili di data scientist e legati al mondo engineering e, sul mercato del lavoro, i competitor con cui la società si è confrontata sono più tra i giganti del tech che tra le compagnie assicurative. A fine 2023 in Prima lavoravano 900 persone, in crescita a due cifre rispetto al 2022 e con un'età media di poco più di 30 anni: di queste 750 sono in Italia. Nel 2024 la società aumenterà la forza lavoro di 260 dipendenti con cui arriverà a 1.200 dipendenti in totale, di cui mille nel nostro Paese e gli altri tra Spagna e Uk. Considerato il turn over, per arrivare a 260 assunzioni nette, significa farne almeno 300 "lorde". Qualunque sia la loro sede di lavoro, a tutti viene data la possibilità di lavorare in maniera ibrida, in parte in ufficio, in parte da remoto, ma anche totalmente da remoto, per venire incontro alle esigenze di professionisti, soprattutto Data Scientist e Data Analyst, che sono sempre più essenziali per la crescita del settore assicurativo, ma che sono sempre più difficili da trovare e poco "fedeli". «Una delle nostre sfide è stata di crescere raddoppiando i dipendenti di anno in anno - dice Ottathycal -. Per farlo, data la scarcity sul mercato, abbiamo dovuto lavorare in varie direzioni e il nostro modello full remote ci ha consentito anche di attingere a bacini di talenti internazionali. Del resto i team di lavoro sono spesso internazionali e quando si ha un gruppo dove ci sono 5 italiani, 2 inglesi e 3 spagnoli tutti lavorano da remoto». L'hub internazionale diffuso di Ricerca e Sviluppo di Prima «è più un concetto virtuale che fisico - afferma Ottathycal - ed è il laboratorio dove nasce l'innovazione di Prima: è qui che 300 sviluppatori sperimentano e perfezionano i nostri algoritmi e software proprietari e fatti in casa al 100%, per creare "l'assicurazione del futuro"». Con questa struttura la società nel 2018 ha chiuso uno tra i più importanti round di finanziamento nel venture capital, pari a 100 milioni di euro, sottoscritti da Goldman Sachs e Blackstone Group. Con il riassetto azionario del 2022, un altro fondo globale di investimento Carlyle è entrato nel capitale dell'azienda. Ad oggi la compagine azionaria vede una quota del 48% che fa capo ad Alej e TDA, (società controllate dall'investitore Teodoro D'Ambrosio, tra i founder di Prima), una quota del 27% che fa capo a Blackstone, del 15% a Goldman Sachs e del 2% a Carlyle. Il restante 8% è in capo ad altri azionisti, anche tra i top manager, molti dei quali sono cresciuti con la società.