Antonella Testaguzza, Head of Product Development at Prima Assicurazioni, is responsible for everything related to Product Experience in the three countries where the company operates (Italy, Spain, and the UK), with a team currently consisting of 21 Design & UX professionals, 2 SEO experts, and 20 out of the 34 young Product Managers on the team.
Published by Corriere della Sera in Italian.
Campana doc e con importanti esperienze di formazione all’estero in Spagna e all’Università di Harvard, Antonella Testaguzza, oggi Head of product development di Prima Assicurazioni, è stata fra i membri fondatori dell’agenzia assicurativa, nel 2014 dove, da allora, si occupa dello sviluppo di prodotto. La sua è una figura professionale estremamente difficile da reperire oggi sul mercato del lavoro italiano. All’interno del team di prodotto Antonella, è responsabile di tutto ciò che è legato alla Product Experience nelle tre country in cui opera la società (Italia, Spagna e UK), con un team composto attualmente da 21 professionisti di Design & UX, 2 esperti Seo e 20 dei 34 giovani Product Manager del team. I PM che lavorano in Prima hanno un’età media di 33 anni e provengono da 7 differenti nazioni. Il 61% di loro è cresciuto internamente, imparando la professione in Prima Assicurazioni, proprio per la difficoltà di reperire queste figure già formate (specie per quel che riguarda il mercato italiano).
Antonella, come è strutturato il suo team?
A partire dalla metà di quest’anno, abbiamo scelto di affidare il nostro team a una figura di CPO (Chief Product Officer) a livello global, per guidarci nel percorso di internazionalizzazione che Prima sta consolidando: Anuj Pradhan. Anuj ed io siamo perfettamente complementari e rappresentiamo al meglio le “due anime” che compongono la professione: io ho tanta esperienza in ambito marketing, user experience, design e front-end in generale, mentre ho meno esperienza nel mondo dei dati, machine learning e piattaforme globali, che sono i suoi principali punti di forza, figli di un’importante carriera in grandi aziende internazionali.
Di cosa si occupa nello specifico?
Dal suo arrivo, quindi, ci siamo divisi i compiti: oggi io seguo in particolare i siti web di tutte e tre le Country, compresa la loro ottimizzazione SEO, l’app e tutto ciò che riguarda il design e la user experience, così come tutte le piattaforme che utilizziamo internamente (come quella di customer care, o quella per il lavoro offline degli agenti). Sono sostanzialmente responsabile di tutto ciò che riguarda direttamente la cura del cliente: dalla gestione del prodotto, a quella della polizza (sales, rinnovi, etc).
Perché la sua, è una delle figure professionali estremamente difficili da reperire oggi sul mercato del lavoro italiano?
Ritengo che ci sia una resistenza da parte del mercato nei confronti di queste figure professionali. Le aziende non sono per la maggior parte ancora pronte per accoglierle. Spesso le aziende assumono le persone per occuparsi di prodotto, ma affidano loro tutt’altre mansioni, confondendo diverse figure professionali, principalmente proprio perché spesso non si comprende a pieno in cosa consista il nostro lavoro.
Quali i motivi?
Ad esempio, c’è una grande confusione fra la differenza fra Product Manager, Project Manager e Product Owner: per molti si tratterebbe quasi della stessa cosa, mentre stiamo parlando di professioni ben distinte. Il PO, in realtà non dovrebbe neanche essere una professione, in quanto è solo uno dei ruoli previsti da una delle metodologie di sviluppo software più famose (Agile/Scrum).Per i primi 5 anni, infatti, ho assunto in Prima Assicurazioni solo persone che facevano tutt’altro. Il primo, ad esempio, si era presentato ai colloqui per l’area HR, ma ho riconosciuto l’approccio giusto e gli ho proposto di stravolgere la carriera. Ha accettato di fidarsi, ed oggi lavora ancora con noi. Altre ragazze entrate nel team erano neolaureate e provenienti da studi molto diversi (banca e assicurazioni, economia, filosofia e molto altro), successivamente tramite dei job posting interni, sono entrati nel team di prodotto colleghi provenienti da diversi dipartimenti, come pricing, customer care, claims ed engineering e, grazie a una formazione on the job, sono diventati dei professionisti del mondo del prodotto e favoriscono il nostro processo creativo grazie ai loro diversi background. Quando abbiamo aperto a livello internazionale, abbiamo assunto anche PM esperti, ma soprattutto da aziende estere. Il nostro modello è molto simile a quelli sviluppati nella Silicon Valley. In Italia, abbiamo anticipato i tempi: questo significa che oggi siamo particolarmente attrattivi per i PM, poiché qui ci sono poche realtà che possano considerarsi vere alternative rispetto al nostro modello di lavoro per il team di prodotto.
Quali requisiti bisogna avere per abbracciare una carriera nello sviluppo di prodotto?
Centrali sono le capacità di comunicazione e l’empatia, verso i clienti e verso i responsabili degli altri dipartimenti. È molto importante non dimenticarsi del collegamento fra prodotto e tecnologia. Nella quotidianità, chi vuole fare bene prodotto non può non mettere in pratica una certa misura di competenze e skills tecniche, secondo le peculiarità del ruolo specifico. Chi si occupa di prodotto consente di “far capire” al resto dell’azienda la tecnologia, semplificando la complessità senza banalizzarla, promuovendo sempre la trasparenza nei processi decisionali. Non si tratta di fare solo da tramite e di prioritizzare, ma di armonizzare e rendere omogenei i vari livelli e le varie aree, diffondendo cultura tecnologica e di prodotto all’interno dell’azienda. È necessario, inoltre, essere in grado di lavorare indipendentemente e proattivamente, portando chiarezza e semplificazione in contesti inizialmente complicati.
Che tipo di competenze sono fondamentali?
Secondo le tendenze a cui stiamo assistendo nell’ultimo periodo, che portano le aziende a non rincorrere più la “crescita a ogni costo”, ma le spingono piuttosto a riflettere sulla sostenibilità della crescita, anche a discapito del time-to-market, è ancora più importante avere anche skills analitiche e di Platform Thinking. Nella pratica, questo significa essere in grado di pensare e progettare prodotti con modelli scalabili, cosa che richiede maggior tempo e lavoro nelle prime fasi, ma semplifica nel lungo periodo. Ad esempio, se devo fare quattro prodotti, non li faccio uno a uno, per lanciarli in sequenza sul mercato il prima possibile, ma penso a una piattaforma che mi permetta poi di crearli in serie, a partire dalle stesse basi sostenibili.
Quali i “segreti del mestiere” di una professione tanto importante, quanto sottovalutata?
Il segreto principale è essere ossessionati dalla customer centricity, dal costruire prodotti che innanzitutto creano valore per il cliente, massimizzando ovviamente l’impatto sul proprio business. È molto importante saper dire di no, decidere quali iniziative non intraprendere e su quali invece focalizzarsi. Dire di no in assenza di evidenze di impatti o una chiara strategia di prodotto, è più importante che rispettare scadenze arbitrarie di progetti senza impatto. Il PM deve, inoltre, essere pronto al fatto che se tutto va bene è merito del team, se tutto va male è colpa sua. Può non sembrare una prospettiva allettante, ma rende giustizia all’importanza del ruolo. Il PM deve far funzionare tutto attorno a sé, armonizzando business e componente tecnologica e deve essere responsabile per tutto quello che avviene in questo processo esercitando la propria influenza senza autorità.
Cosa consiglia a chi vorrebbe svolgere in futuro la sua professione?
Essere curiosi, anche se potrà sembrare banale, è il consiglio più importante che si possa dare a un aspirante PM. Anche quando ci si verticalizza su un aspetto (ad esempio, quello dei dati), concentrarsi anche sugli altri, interessarsi sempre, seguire gli sviluppi tecnologici, non solo internamente ma anche esternamente, è quello che permette davvero di fare innovazione. Per innovare il prodotto, infatti, i maggiori input arrivano direttamente dal cliente, ma anche dal mondo esterno. È importante capire gli impatti che certe scelte di prodotto producono sulle persone, anche mettendosi nei panni di chi quei prodotti li usa quotidianamente, gli utenti finali. Un bravo PM deve esercitare il proprio “product sense”, come fosse un sesto senso, domandandosi il perché di alcune scelte, sforzandosi di entrare nella testa di chi quel prodotto l’ha creato, non dimenticandosi mai di adottare sempre un approccio critico alle cose.
Altre dritte?
Sicuramente poi consiglierei di cercare un lavoro in una di quelle poche vere aziende tech in Italia, come Prima, o quantomeno ad agire nella propria azienda con mentalità di prodotto, anche se “ufficialmente” in altri ruoli (ad es, engineering o design). Chi fa veramente prodotto, infatti, sa spesso che si sente investito della responsabilità di agire come fautore del cambiamento a diversi livelli, ed è spesso qui che si nasconde il segreto di prodotti di successo che non solo danno valore al business, ma rendono anche felici milioni di persone che li usano nella loro vita quotidiana.